Vuoi imparare una nuova lingua? Vuoi confrontarti con una cultura diversa dalla tua? Hai voglia di fare un’esperienza all’estero ma non sai da dove iniziare? Vivi “alla pari”!
Se sei giovane e ti piacciono i bambini, puoi pensare di andare in un altro paese e vivere in una famiglia immergendoti pienamente nella cultura del posto.
Cosa significa essere “au pair”?
“Alla pari” significa che una famiglia accoglie una persona nella loro casa offrendole vitto, alloggio e un piccolo compenso economico in cambio di un aiuto per un periodo che può variare da qualche mese a un anno o più. Ciò che dovrai fare è occuparti dei bambini e dare una mano in casa, proprio come una persona di famiglia.
Cosa serve per diventare “au pair”?
Solitamente è richiesta un’età dai 18 ai 30 anni. Ma non c’è una regola. Se la famiglia preferisce qualcuno di più maturo, l’età può tranquillamente slittare oltre i 30. Oltre a ciò, serve la giusta motivazione! Guarda il video e vediamo se ti può aiutare! 🙂
Maschio o femmina è lo stesso?
Non esistono regole nemmeno sul sesso. Anche un ragazzo può fare questa esperienza, ma sono le ragazze ad avere maggiori possibilità.
Si guadagna bene?
Che sia chiaro: questo non è un lavoro. I genitori di solito offrono alla ragazza un “pocket money”, che noi potremo definire come paghetta e che comunque permette alla ragazza di sostenere tutte quelle che sono le proprie spese personali.
Perché fare questa esperienza
I vantaggi di questa sorta di scambio sono molteplici, ma ovviamente possono variare dal tipo di persona e situazione.
Se si sceglie un piccolo centro dove la presenza di connazionali è più bassa, le possibilità di parlare la lingua locale sono molte di più. Inoltre in una piccola località ci si ambienta con più facilità rispetto a una città grande e dispersiva.
Rispetto a ciò che fanno molti giovani, come ad esempio partire “all’avventura” e alla ricerca di un lavoro, fare la ragazza alla pari può risultare la soluzione ideale per chi vuole allontanarsi da casa col minimo sforzo.
Non sarà necessario farsi carico della fatica di trovare un lavoro e una casa una volta all’estero, e magari oppressi dell’ansia di finire i risparmi prima di essersi “sistemati”.
La ragazza alla pari non conosce queste preoccupazioni: si gode l’esperienza fin dal primo giorno perché dispone di tutto il necessario per vivere serenamente quest’avventura.
Come si vive alla pari?
In famiglia si viene coinvolti da subito nelle attività sociali e di vita quotidiana. Questo permette di inserirsi con disinvoltura in un nuovo contesto e di conoscere nuove persone con facilità.
Stare con “estranei” aiuta a crescere e maturare. Mette alla prova le attitudini e sviluppa lo spirito di adattamento. Relazionarsi con gli altri – soprattutto con i bambini – in una lingua diversa dalla propria può rendere l’impresa molto più impegnativa, ma è proprio lo sforzo necessario a farsi comprende che accelera l’apprendimento.
Gli orari di “lavoro” consentono di dedicare del tempo per visitare il paese e viaggiare un po’. L’esperienza che si ha l’opportunità di vivere non è quella del turista né del lavoratore: si assapora ogni aspetto più intimo e segreto di tutto ciò che sta attorno.
L’atteggiamento giusto
Ovviamente, perché questa esperienza sia positiva, sia famiglia che “au pair” devono dotarsi di spirito di condivisione e partecipazione. In ragione del fatto che non è un lavoro, si deve essere disponibili ed elastici per vivere con il giusto coinvolgimento la vita familiare.
Non è appropriato, o comunque non di buon auspicio, avere sempre l’istinto di guardare l’ora e rintanarsi nelle propria camera, perché si ha finito il “turno di lavoro”. Più ci si immerge nella vita della famiglia, più si vive con intensità questa esperienza.
E’ certamente positivo quando la famiglia coinvolge attivamente la persona “au pair”, senza forzarla, per parlare con lei, di lei, e correggerla nell’uso della lingua, se necessario, o supportarla nelle necessità per vivere la sua esperienza all’estero, anche al di fuori della vita familiare.
Devo sintetizzare in una frase qual è l’atteggiamento giusto? Vivere ogni piccola cosa per come è, per come viene, senza grosse aspettative.
Perché una famiglia è interessata ad accogliere una persona “au pair”?
Per i genitori, ospitare significa far conoscere ai loro figli una cultura diversa. La consapevolezza della diversità consentirà loro di crescere con una mentalità più aperta.
I bambini si rapportano a una persona che non parla la loro lingua e che ha abitudini diverse dalle loro; è così che esercitano anch’essi la capacità di adattamento e prendono coscienza di nuove sfaccettature nel mondo in cui vivono.
Come diventare “au pair”?
Esistono molte strade. Oltre alle agenzie che organizzano viaggi studio – le quali spesso chiedono una quota per il servizio offerto – esistono siti gratuiti, ai quali ci si può iscrivere creando il proprio profilo personale e gestendo in piena autonomia la scelta del paese di destinazione e della famiglia, prendendosi tutto il tempo necessario.
Su questi portali è possibile rintracciare sia i profili delle famiglie, sia delle persone “au pair” completi di foto, descrizioni di sé e delle loro esigenze. In questo modo, famiglie e aspiranti “au pair” possono incontrarsi e conoscersi prima di fare una scelta.
Uno dei più diffusi e validi, anche in italiano è www.aupair-world.it. Un secondo, molto semplice e ricco di informazioni, ma in lingua inglese è www.easyaupair.com.
Ma io che scrivo, sono stata “au pair”?
Certamente! Ho avuto la fortuna di fare questa esperienza due volte, in Irlanda. Per questo auguro a chiunque sente il desiderio di buttarsi, di procedere senza esitazioni.
Niente scuse. E’ davvero facile: basta un click!
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